Commento all’art. 9 l.r. n. 14/2019: A. Il quadro di riferimento normativo – B. Gli interventi in aree a rischio idraulico e idrogeologico
Il quadro di riferimento normativo
di Maurizio De Gennaro
Sommario: 1. Introduzione – 2. Quadro di riferimento normativo – 3. Modalità operative e premialità dell’art. 9
1. Introduzione
“Veneto 2050”, come la legge regionale n. 14/2017 sul contenimento del consumo di suolo, è una legge che pone una significativa attenzione alla sicurezza del territorio e degli abitanti, in particolare alle aree dichiarate di pericolosità idraulica e idrogeologica.
L’articolo 9 della l.r. n. 14/2019 si articola in sei commi, definendo le caratteristiche e le premialità per gli interventi relativi a edifici o manufatti situati nelle aree dichiarate di pericolosità idraulica o idrogeologica, nonché gli aspetti relativi alle modalità operative per l’attuazione della disciplina.
2. Quadro di riferimento normativo
Il quadro di riferimento nella materia della sicurezza delle aree dichiarate di pericolosità idraulica o idrogeologica, si articola nelle norme di livello statale e in quelle di livello regionale.
A livello statale, la norma di riferimento è il decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180 “Misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico ed a favore delle zone colpite dai disastri franosi nella regione Campania”.
Le disposizioni dell’articolo 1 del d.l. n. 180/98 prevedono che le Autorità di bacino di rilievo nazionale e interregionale provvedano alla redazione e adozione dei Piani stralcio di bacino per l’assetto idrogeologico, cosiddetti PAI.
I contenuti dei PAI devono individuare le perimetrazioni delle aree a rischio idrogeologico, stabilire le opportune misure di salvaguardia e definire le necessarie e opportune azioni e interventi volti alla riduzione di ogni tipo di rischio e garantire la sicurezza delle persone, delle cose e dei valori ambientali.
In particolare, la norma del comma 5 del D.L. 180/98 stabilisce che “le regioni possono individuare le infrastrutture ed i manufatti di ogni tipo che determinano rischi idrogeologici”, e prevedere “misure di incentivazione allo scopo di adeguare le infrastrutture e di rilocalizzare fuori dall’area a rischio le attività produttive e le abitazioni private”.
In pratica anticipa, per certi aspetti, i contenuti dell’art. 9 della l.r. 14/2019, che, appunto, prevede l’individuazione, l’integrale demolizione e la successiva ricostruzione in zone territoriali omogenee degli edifici ricadenti in aree dichiarate a pericolosità.
Nel Veneto, le competenze per la redazione dei Piani stralcio per l’assetto idrogeologico del bacino (PAI), sono state attribuite all’ “Autorità di Bacino dei fiumi Isonzo, Tagliamento, Livenza, Piave, Brenta-Bacchiglione”, ora sostituita dall’ “Autorità di bacino distrettuale delle Alpi orientali” (in applicazione del d.m. 25 ottobre 2016, n. 294 e vigente dal 17 febbraio 2017), e svolge attività di pianificazione con riferimento ai contenuti di cui all’art. 65 del d.lgs. n. 152/2006[1].
Il PAI rappresenta uno strumento di pianificazione a valenza generale con lo scopo di definire le condizioni di pericolosità e fragilità del territorio sotto il profilo dei rischi idraulico, idrogeologico e valanghivo.
Il PAI, in quanto strumento conoscitivo con contenuti tecnico-operativi, detta specifiche Norme Tecniche d’Attuazione, relativamente all’individuazione e perimetrazione delle aree fluviali e quelle di pericolosità geologica e idraulica, programma gli interventi per la mitigazione o eliminazione delle pericolosità, detta prescrizioni per le aree di pericolosità e per gli elementi di rischio.
Nello specifico della individuazione e perimetrazione delle aree, il PAI classifica i territori in funzione delle diverse condizioni di pericolosità e degli elementi a rischio, nelle seguenti classi di pericolosità:
P4 = pericolosità molto elevata;
P3 = pericolosità elevata;
P2 = pericolosità media;
P1 = pericolosità moderata.
Le classi di pericolosità, secondo i diversi gradi assegnati, rappresentano il regime dei vincoli delle attività di trasformazione edilizia e urbanistica cui fare riferimento per la programmazione degli interventi di mitigazione e/o eliminazione dei rischi, della salute umana, della protezione dei centri abitati e delle infrastrutture.
In ogni strumento urbanistico deve essere sempre valutata la condizione del dissesto e le diverse tipologie, al fine di verificare la compatibilità con le previsioni urbanistiche.
Infine, i PAI provvedono a fornire le disposizioni per le aree nelle diverse classi di pericolosità e disciplinare l’uso del territorio, le nuove costruzioni, la realizzazione di nuove infrastrutture, gli interventi sul patrimonio edilizio esistente, nel rispetto dei criteri e indicazioni del PAI stesso.
3. Modalità operative e premialità dell’art. 9
L’articolo 9 disciplina le finalità della legge “Veneto 2050”, con il quale si pone una particolare attenzione alla sicurezza delle aree, prevedendo azioni, modalità operative e “premialità” per l’attuazione della norma stessa.
Il comma 1, infatti, dopo aver specificato l’applicazione della norma per gli edifici ricadenti nelle aree dichiarate di pericolosità molto elevata (P4) e elevata (P3), dispone, ove possibile, l’integrale demolizione dei manufatti, la successiva ricostruzione in aree adeguate individuate dal Comune, prevedendo un incremento fino al 100 per cento del volume o della superficie, anche in deroga ai parametri dello strumento urbanistico.
L’incremento pari al 100 per cento è stato valutato dopo la precedente esperienza dell’analoga disposizione nel “Piano Casa”, che prevedeva un “beneficio” pari al 50%.
Dalle valutazioni del monitoraggio, tale quota percentuale non è propriamente risultata un elemento “incentivante” e pertanto si è deciso di incrementare fino al 100%, proprio nelle finalità di voler incidere e promuovere la demolizione di elementi e/o volumi la cui collocazione è ritenuta “pericolosa” per le persone, le cose e il territorio.
Di rilievo il ruolo del Comune, che dovrà favorire l’applicazione della norma anche attraverso l’individuazione delle aree in zone territoriali omogenee.
Il comma 2 dell’articolo 9 prevede la disposizione trovi applicazione anche nelle zone agricole.
Appare opportuno ricordare come “Veneto 2050” sia una legge che richiama le finalità della l.r. n. 14/2017 sul contenimento del consumo di suolo e, di fatto, ne sviluppa alcuni contenuti.
Infatti, la norma del comma 2 prevede la ricostruzione dell’edificio nelle zone agricole, solo se a destinazione residenziale, purché caratterizzato dalla esistenza di un edificato consolidato: un’evidente tutela del suolo naturale o seminaturale in coerenza con le norme del contenimento del consumo di suolo.
I commi 3 e 4 dettano disposizioni relative alla modalità e ai tempi per certificare l’avvenuta demolizione dell’edificio e la rinaturalizzazione del suolo, nonché delle garanzie da prestare a favore del Comune; elementi, questi, che danno titolo all’utilizzo delle “premialità” previste dall’articolo 9.
Tali premialità devono intendersi sostitutive di quelle previste dagli articoli 6 e 7 della legge per gli interventi di ampliamento e riqualificazione edilizia e fondate sul diverso presupposto della “delocalizzazione” dell’edificio al di fuori delle zone di pericolosità idraulica.
A questo proposito, mette conto sottolineare come l’art. 3, comma 4 lettera g) della legge in commento prevede che gli articoli 6 e 7 della l.r. 14/2019 non trovano applicazione nelle aree dichiarate di pericolosità idraulica e idrogeologica, fatte salve le disposizioni di cui all’articolo 9. Coerentemente, il comma 5 dell’art. 9 prevede che per gli edifici ricostruiti in base alla previsione in commento non trovino applicazione le previsioni degli articoli 6 e 7 e sia dunque escluso il ricorso alle “premialità” ivi previste. Proprio l’incremento pari al 100% del volume o della superficie è stato ritenuto congruo con le finalità del citato articolo 9.
Infine, l’ultimo comma 6, prevede l’applicazione degli articoli 6 e 7 della l.r. n. 14/2019 ovvero le premialità per l’ampliamento e la demolizione e ricostruzione, per gli edifici ricadenti nelle aree dichiarate dal PAI a media pericolosità idraulica o idrogeologica (P2) e a moderata pericolosità (P1).
(Maurizio De Gennaro)
[1] Il comma 4 dell’articolo 65 del D.Lgs. 152/2006 stabilisce che i Piani di assetto ed uso del territorio devono essere coordinati e comunque non essere in contrasto con le previsioni della pianificazione di bacino a livello distrettuale.
I PAI recepiscono i Piani di bacino a livello Nazionale (a), Regionale (b) e Interregionale (c); in particolare la situazione, a tutt’oggi, è di seguito rappresentata:
- PAI NAZIONALI (vigenti)
- PAI dei 4 Bacini, Brenta-Bacchiglione, Piave, Tagliamento, Livenza, approvato con D.P.C.M. 21.11.2013 (G.U. n. 97 28.4.2014);
- PAI Livenza – I variante: approvata con D.P.C.M. 23.12.2015.
- PAI REGIONE VENETO
- PAI Sile e pianura tra Piave e Livenza: approvato con D.C.R. Veneto n. 48 del 27.6.2007 (BUR n. 67 del 31.7.2007) (vigente);
- Progetto PAI Bacino scolante laguna di Venezia: adottato con D.G.R. n. 401 del 31.3.2015 (BUR n. 39 del 21.4.2015);
- PAI INTERREGIONALI
- Progetto PAI Bacino Lemene: adottato con delibera Comitato Istituzionale n. 1/2002 del 26.11.2002.
[Si ringrazia l’ing. Francesco Baruffi, Segretario Generale del Distretto delle Alpi orientali]