Commento all’art. 13 l.r. n. 14/2019: A. Considerazioni generali e sistematiche – B. Analisi normativa
Analisi normativa
di Pasqualino Boschetto
La disposizione in oggetto si ricollega alla previsione di cui alla lettera a) del comma 1 dell’art. 2 (Definizioni) della legge in analisi. E non pare casuale che proprio il primo punto delle definizioni enunciate dalla legge sia dedicato alla “qualità architettonica”.
Nell’impianto definitorio si fa riferimento alla sola “qualità architettonica” e non anche alla “bellezza architettonica”. Potrebbe sembrare una dimenticanza, fortuita o meno, ma forse più semplicemente ciò potrebbe rappresentare non altro che una necessità. Sappiamo bene, soprattutto nelle discipline dell’architettura e dell’urbanistica, e propriamente nella loro componente imprescindibile della progettazione, quali e quante difficoltà si siano da sempre evidenziate nella necessaria intrinseca commistione/integrazione della parte qualitativa con quella quantitativa. Il problema principale, sotto il profilo prettamente scientifico, è sempre quello di ricercare di volta in volta, a seconda dello specifico obiettivo, un algoritmo “sufficientemente appropriato” per tradurre i valori qualitativi in “equivalenti” valori quantitativi.
Attribuire valori quantitativi alla “bellezza” (architettonica, artistica, ecc.), ordinata in una scala definita, misurabile e confrontabile con altri parametri scientifici (quantitativi), è opera pressoché impossibile. Un metodo relativo, per le opere d’arte almeno, è il valore “commerciale” dell’opera stessa. Ma ciò è difficilmente estendibile al valore della bellezza architettonica. Da sempre il problema è stato risolto in maniera “semplice”, ricorrendo allo strumento della certificazione dello “stato di invariante” (artistico e culturale), principalmente con il metro del riconoscimento storico. Cioè con la semplice equivalenza: proporzionalità diretta o quasi fra valore architettonico e livello di vincolo attribuito al bene.
Il dominio, però, nel nostro caso non è il patrimonio artistico e culturale (e architettonico) ampiamente riconosciuto e condiviso, anche a livello internazionale, ma bensì il fare della quotidianità ai fini della “riqualificazione urbana” (e territoriale), o rigenerazione urbana (e territoriale) che dir si voglia. L’operazione della valutazione della “qualità/bellezza architettonica” di questo enorme insieme di “possibili risultati di riqualificazione urbana (e territoriale)” attesi diventa operazione ancor più improba per la prevedibile uniformità scalare dei risultati attesi e prevedibili (gaussiana molto schiacciata, tendente alla linea orizzontale).
Forse proprio in questi termini, molto opportunamente, la definizione si concentra unicamente sulla “qualità architettonica” e ancor più opportunamente cercando di “allargare” il campo delle sue componenti/indicatori in grado di ancorarsi anche ad aspetti quantitativi, maggiormente misurabili in un sistema di riferimento dato/ipotizzato. Ecco quindi che la definizione “allargata” di qualità architettonica si riferisce anche ad aspetti maggiormente innovativi e moderni quali: i principi di utilità e funzionalità; l’impatto visivo; la sostenibilità energetica ed ecologica; la “qualità” tecnologica dei materiali e delle soluzioni adottate. Ciò chiaramente non vuol dire trascurare il parametro/indicatore “bellezza” che continuerà ad essere uno dei capisaldi delle pratiche del progetto/attuazione delle opere di architettura e di rigenerazione urbana e territoriale; ma unicamente cercare di rendere maggiormente “misurabile”, e quindi valutabile, l’indicatore “qualità architettonica” ai fini della completa applicazione della legge in esame.
In tal senso si comprende che il legislatore regionale, coerentemente con quanto ormai assodato anche a livello internazionale, ha cercato di aprire quanto più possibile l’orizzonte cognitivo e valutativo della Commissione per la “qualità e la bellezza architettonica”, arricchendola dei necessari e molto opportuni contributi interdisciplinari, demandando alla Giunta regionale soprattutto la composizione della Commissione stessa che, giocoforza, dovrà essere congruente con il tasso di complessità che inevitabilmente il tema specifico pone.
Il comma 3 esplicita chiaramente i compiti della Commissione: studi, raccolta dati, formulazione di proposte, tutto finalizzato “alla promozione della qualità e della bellezza nella progettazione architettonica, urbanistica e del paesaggio”. Questa è certamente la funzione principale, in quanto operazione tecnico-scientifica che ha però come obiettivo principale la crescita culturale del nostro sistema regionale, della quale “i sistemi di qualità” sono componenti essenziali. È a nostro avviso implicito che in tutto ciò diventi di fondamentale importanza il contributo consistente e fattivo apportato dalle nuove generazioni, come pure che a queste possano essere indirizzate proposte e procedure appositamente dedicate.
I commi 4 e 5 rimandano alla necessità di definire con estrema attenzione i criteri di valutazione della qualità e della bellezza architettonica, in quanto legati anche ad una interessante possibile premialità (riduzione del contributo di costruzione dal minimo del 20% al massimo del 50%).
L’articolo in oggetto trova puntuale corrispondenza con quanto stabilito al punto f) del comma 3 dell’articolo 3 (Obiettivi e finalità) della legge regionale n. 14/2017 sul contenimento del consumo di suolo. In quella sede veniva dichiarato esplicitamente che uno degli obiettivi delle politiche territoriali (e quindi degli stessi strumenti di pianificazione) doveva essere: “… incentivare il recupero, il riuso, la riqualificazione e la valorizzazione degli ambiti di urbanizzazione consolidata, […] nonché promuovendo la qualità urbana ed architettonica …”. Si può quindi dire che la legge in oggetto, nel punto specifico in discussione (qualità architettonica), riprende e meglio chiarisce, anche in termini operativi, quanto già indicato dalla legge regionale 14 del 2017. Ciò è ulteriormente precisato anche nell’articolato specifico degli strumenti operativi messi in campo dalla stessa 14 del 2017: nella “Riqualificazione edilizia ed ambientale” (Art. 5) dove “… la qualità architettonica e paesaggistica …” è uno dei parametri necessari per misurare “il miglioramento della qualità edilizia” ai fini del recupero/riqualificazione/rigenerazione del patrimonio edilizio esistente e nella “Rigenerazione urbana sostenibile” (Art. 7), dove i progetti degli interventi per l’attuazione dei programmi di rigenerazione (di cui al comma 2) devono prevedere “… lo sviluppo […] della qualità architettonica degli edifici e degli spazi pubblici.” Si noti in questo caso l’importanza di quella semplice congiunzione fra gli edifici e lo spazio pubblico, ad indicare molto opportunamente come la qualità architettonica anche di un unico edificio, tramite il connettivo dello spazio pubblico (diretto ma anche indiretto, o solo percepito), si estenda all’intero contesto urbano circostante e al miglioramento della “città pubblica”.