di Bruno Barel e Danilo Gerotto
Art. 1 Finalità.
1. La Regione del Veneto, nell’ambito delle finalità di contenimento del consumo di suolo nonché di rigenerazione e riqualificazione del patrimonio immobiliare, promuove misure volte al miglioramento della qualità della vita delle persone all’interno delle città e al riordino urbano mediante la realizzazione di interventi mirati alla coesione sociale, alla tutela delle disabilità, alla qualità architettonica, alla sostenibilità ed efficienza ambientale con particolare attenzione all’economia circolare e alla bioedilizia, alla valorizzazione del paesaggio, alla rinaturalizzazione del territorio veneto e al preferibile utilizzo agricolo del suolo, alla implementazione delle centralità urbane, nonché alla sicurezza delle aree dichiarate di pericolosità idraulica o idrogeologica.
2. Per le finalità di cui al comma 1, la presente legge, in particolare, promuove politiche per la densificazione degli ambiti di urbanizzazione consolidata, mediante la demolizione di manufatti incongrui e la riqualificazione edilizia ed ambientale, contemplando specifiche premialità e incrementi volumetrici connessi all’utilizzo di crediti edilizi da rinaturalizzazione.
Sommario: 1. Sulla rilevanza delle disposizioni relative alle finalità delle leggi – 2. Finalità e princìpi della disposizione in commento – 3. Regole e politiche – 4. Oltre l’urbanistica
1. Sulla rilevanza delle disposizioni relative alle finalità delle leggi
Le disposizioni dedicate alle finalità delle leggi, che nella tecnica legislativa più recente sono diventate abituali, generalmente non attraggono l’attenzione dei lettori, che è calamitata dalle regole operative dedicate a diritti e divieti. In realtà esse sono tutt’altro che inutili o marginali, perché rappresentano quella che si potrebbe definire la chiave di lettura di un testo normativo.
Infatti, disvelano le scelte di politica legislativa che hanno ispirato e motivato il legislatore ad innovare il tessuto normativo vigente e ne consentono così il controllo democratico, offrendo al contempo un parametro di giudizio, nell’immediato e per il futuro, sull’adeguatezza della regolazione rispetto agli obiettivi enunciati.
Sul piano dell’interpretazione, inoltre, esse anticipano ed esplicitano il filo conduttore che lega fra loro le singole disposizioni susseguenti indicandone la ratio; diventano così un importante parametro di riferimento in sede di interpretazione per orientare il significato da attribuire alle proposizioni normative nella direzione più coerente con le finalità dichiarate.
Né infine può sottovalutarsi la loro utilità sul piano sistematico, non solo per agevolare il coordinamento interno alla legge stessa fra le singole prescrizioni ma anche per ricostruire le relazioni che intercorrono fra quella specifica legge e le altre che già disciplinano la materia in modo da agevolare la ricostruzione ordinata del complessivo assetto normativo e farne trasparire le linee evolutive.
2. Finalità e princìpi della disposizione in commento
Le considerazioni generali svolte al punto precedente trovano conferma nell’analisi dell’articolo 1. Non è casuale che la legge esordisca coll’enunciare non princìpi bensì finalità. I princìpi sono dati per presupposti, e restano quelli – qualificati come princìpi generali – dell’articolo 1 della legge regionale n. 14/2017 sul contenimento del consumo di suolo e la rigenerazione urbana. È dunque su quella legge fondamentale – non già sulle precedenti leggi speciali riguardanti il c.d. Piano casa – che il legislatore ha inteso incardinare questo nuovo intervento, mostrando di avere voluto porre fine all’esperienza delle misure emergenziali temporanee e settoriali – volte a promuovere interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente – maturata nell’ultimo decennio e di avere ritenuto maturi i tempi per mettere a sistema il meglio di quell’esperienza entro un più ampio contesto organico e secondo un disegno ancora più ambizioso.
In effetti, davvero ambiziosa si rivela la strategia di far confluire il torrente del Piano casa – che pure ha alimentato negli anni della crisi immobiliare le falde esauste dell’edilizia minore, facendo sopravvivere almeno una parte della filiera produttiva e professionale legata a quel settore economico – nell’alveo più largo e meglio arginato di un fiume a regime non più torrentizio. Non viene rinnegata l’esperienza del Piano casa, semmai viene fatta evolvere in una disciplina a regime, quindi stabile e operante a tempo indeterminato, che continua a premiare in termini ormai essenzialmente quantitativi, ossia volumetrici, quel processo di riqualificazione del patrimonio edilizio esistente che finisce quasi col rappresentare il pendant della contrazione del consumo di suolo ancora allo stato naturale o semi naturale imposto dalla l.r. n. 14/2017 e dalle sue misure di attuazione.
Si potrebbe dire che questa legge è l’implementazione della seconda parte della riforma del 2017, nel senso che sviluppa ed articola le misure di valorizzazione dell’area di urbanizzazione consolidata, sia in termini di densificazione dell’edificato che di riqualificazione edilizia ed ambientale, e che completa la politica per il contenimento del consumo di suolo, affiancando alla riduzione delle possibilità di espansione edificatoria misure di cleaning volte addirittura all’inversione di tendenza, ossia alla liberazione di suolo dalla sua indebita occupazione con sovrastrutture in degrado.
3. Regole e politiche
Si coglie una certa consapevolezza del fatto che le regole non bastano, da sole, a generare processi di cambiamento sostanziale dello status quo consolidato, ove non siano accompagnate e rafforzate da politiche attive. Così, al secondo comma si dà opportunamente atto che questa legge intende anche attivare delle “politiche” per il conseguimento dei suoi obiettivi, mediante un insieme di misure, azioni e risorse da parte di tutti i protagonisti, pubblici e privati, che concorrono al buon governo del territorio.
Un ruolo decisivo è ora riconosciuto ai Comuni, chiamati a far funzionare la maggiore delle innovazioni introdotte da questa riforma, lo strumento dei crediti edilizi da rinaturalizzazione. Spetta ai Comuni, nei loro strumenti urbanistici, individuare i manufatti e le infrastrutture in rovina che pregiudicano territorio e paesaggio, concedere dei crediti edilizi per incentivarne la demolizione con rinaturalizzazione del suolo concorrendo così a ridurre gli oneri a carico della proprietà, registrarli e pubblicizzarli, individuare zone di atterraggio dove essi possono o debbono essere riutilizzati. Può trattarsi di zone dove il recupero del patrimonio edilizio esistente consente di assorbire anche crediti edilizi, in aggiunta al bonus comunque concesso su altri presupposti dalla legge, oppure di zone soggette ai piani attuativi e ai programmi di riqualificazione rigenerazione istituiti dagli articoli 5-6-7 della legge regionale n. 14/2017.
L’incentivazione alle demolizioni affidata all’attribuzione di crediti edilizi può essere sorretta anche da altro genere di misure, di tipo finanziario, ove sia alimentato e attivato il Fondo regionale per la rigenerazione urbana sostenibile e per la demolizione istituito dalla deliberazione della Giunta regionale n. 1133 del 31 luglio 2018, che mette a disposizione risorse finanziarie per ridurre gli oneri da demolizione. La prima iniziativa posta in essere dalla Giunta regionale con il bando approvato con la d.g.r. n. 1133/2018 ha riscosso notevole successo, anche fra gli Enti territoriali, a riprova che anche i soggetti pubblici ne hanno necessità e possono dare impulso al processo di recupero di suolo naturale eliminando opere incongrue.
Ma i Comuni hanno un ruolo decisivo nel mettere a regime questa legge anche per un diverso profilo. Spetta loro di valutare e se del caso porre condizioni e fissare limiti per il recupero del patrimonio edilizio esistente quando gli interventi siano “sopra soglia”, per così dire, ossia quando il loro potenziale impatto sul territorio, in base a criteri dimensionali prefissati dalla legge, richieda una valutazione di tipo urbanistico con eventuale fissazione di condizioni o limiti per assicurare l’armonizzazione dell’intervento col tessuto nel quale va ad inserirsi.
Questa riforma chiama poi in causa tutte le professionalità che operano nel settore del territorio, chiedendo loro un salto culturale e organizzativo, offrendo al contempo opportunità a lungo termine e aprendo nuovi mercati.
La qualità degli interventi di recupero e ampliamento del patrimonio edilizio esistente pretesa per fruire dei bonus comporta la necessità di un aggiornamento professionale continuo, di una progettazione più impegnativa del passato, ma può contare anche sull’attenzione riservata dal legislatore, con l’allegato tecnico alla legge e con la previsione di una deliberazione giuntale integrativa, alla informazione e alla semplificazione del lavoro dei tecnici.
Anche gli operatori economici sono chiamati ad un salto di qualità nella loro attività. Si amplia fortemente il mercato delle demolizioni e bonifiche, e del riciclo dei materiali edili, e ci si attende da questo sia un abbattimento dei costi che una più efficiente riallocazione delle materie prime secondarie. Il mercato sarà sempre più attento alla qualità globale delle costruzioni, e per altro verso guarderà con rinnovata attenzione al c.d. mercato dell’usato, ossia delle opere degradate da demolire.
Tutto questo non mancherà di riflettersi sui valori immobiliari, anche delle opere incongrue, sotto il duplice profilo della convenienza delle demolizioni, sia in quanto possibili generatori di crediti edilizi sia in quanto capaci di liberare spazio suscettibile tanto di usi agricoli quanto di valorizzazione in contesti urbani nelle forme più varie e innovative, ad esempio per gli effetti positivi sugli edifici circostanti o per la domanda di spazi per attività commerciali o sportive all’aperto.
4. Oltre l’urbanistica
Pare di cogliere in questa disposizione una visione nuova dell’urbanistica, più moderna ed europea, come parte costitutiva delle politiche ambientali e al contempo di politiche sociali e di sviluppo sostenibile.
La regolamentazione dell’antropizzazione e urbanizzazione del territorio non può prescindere dalla consapevolezza che il suolo è bene comune, scarso, prezioso per la sopravvivenza della natura e anche della specie umana; che sono in corso cambiamenti climatici drammatici, che si accentua lo squilibrio fra domanda di cibo e acqua e le risorse naturali disponibili; che è in atto a livello mondiale una concentrazione delle popolazioni nelle città come luoghi di elaborazione e trasferimento delle conoscenze; che cresce la domanda di qualità di vita, di socializzazione, di bellezza.
La rigenerazione urbana va dunque ben oltre la fisicità degli immobili, la sorte delle opere edili e delle infrastrutture materiali, perché risponde ad una domanda più profonda e radicale di attenzione alla qualità di vita, alla coesione sociale, alla sicurezza, e di qui anche al paesaggio, alla sostenibilità ambientale, alla qualità architettonica ma anche impiantistica e strutturale degli edifici, alla bioedilizia e al riciclo dei materiali, sia da demolizione attuale che da demolizione futura.
Può sembrare che si accentui la separazione fra suolo agricolo periferico e aree di urbanizzazione consolidata, ma si tratterebbe di una lettura superficiale, dal momento che è bene comune tutto il suolo, non soltanto quello ancora allo stato naturale ma anche quello rinaturalizzato e pure quello antropizzato: sia nel senso che quest’ultimo non deve essere sprecato, né lasciato in stato di abbandono, a pena di recare lesione all’interesse pubblico al bene comune, sia nel senso che anche nelle aree urbane gli spazi liberi, o liberati, rappresentano una risorsa per la qualità di vita delle persone.
Non manca nella legge attenzione per l’utilizzo agricolo del suolo esterno alle città e viene molto limitata la possibilità di interventi edilizi in zona agricola (cfr. art. 8), ma è da cogliere l’estensione del concetto di suolo naturale oltre la dimensione del suo sfruttamento economico come risorsa produttiva agricola, fino a intenderlo anzitutto come risorsa ecosistemica che assicura permeabilità all’acqua piovana e interagisce col clima e l’ambiente. Il legislatore ha cercato di tradurre queste finalità in misure operative molto concrete, attraverso il meccanismo rigoroso e analitico dei requisiti di premialità, che sono attentamente bilanciati con i benefici generati a vantaggio dell’intera comunità, e che vanno dal risparmio di energia al risparmio di acqua, alla riduzione del calore da irraggiamento, alla sicurezza antisismica, alla salubrità potenziata dalla bioedilizia.
I tempi sono maturi per capire e far capire che è finita definitivamente la lunga stagione del metro cubo, del metro quadrato e degli indici di edificabilità come unità di misura del valore; che le nuove generazioni guardano agli immobili come una commodity, privilegiando l’uso alla proprietà e attribuendo importanza decisiva ai costi di utilizzazione e di funzionamento; che la rottamazione dei beni e il riciclo dei materiali riguardano anche gli immobili.
Una legge non è soltanto un evento giuridico, è un fatto sociale; provoca riflessione ed anima dibattiti. È, se cade in suolo naturale fertile, un fatto culturale. E questa disposizione è in questo senso una provocazione.